LE "RADIOSE GIORNATE" DELLA PRIMAVERA DEL '45                      


29 APRILE 1945: UN EPISODIO POCO NOTO NELLE “RADIOSE GIORNATE” A MILANO
Donatello Mancini
 
 
    Nel mattino del 29 aprile 1945, diffusasi la notizia della macabra esposizione, piazzale Loreto s'era andata via via riempiendo di gente, tanto che verso mezzogiorno una gran folla occupava tutta la piazza.
    Tutti premevano, come ansiosi di partecipare al rito dell'odio e incapaci di giudicarne l'abominevole aspetto.
    Uomini e donne esultanti, disordinati e scomposti, vestiti nelle fogge più impensabili, armati con fucili e pistole ostentando a tracolla cartucciere e bombe nel tascapane. Un mare di fazzoletti rossi, di bracciali, di elmetti italiani e tedeschi, o copricapi della più assortita provenienza in agitazione continua nel tripudio contagioso che pervadeva rumorosamente tutti.
    Quelli in prima fila oltraggiano in una gara belluina i poveri cadaveri esposti.
    Della città ordinata ed operosa di qualche giorno prima, non v'è più traccia.
    Improvvisamente, dall'alto di un edificio, amplificate forse da un megafono, giungono a raggelare quel vociare diffuso, alcune frasi, scandite, perentorie come una sferzata: ad una delle finestre di un ultimo piano, si scorge una figura umana.
    Sulla piazza cade un silenzio totale. Tutti guardano stupiti verso quella finestra e odono: “Vergognatevi vigliacchi!”, “Viva l'Italia, Duce, a noi!”. Subito dopo, dall'alto, partono sventagliate di mitra i cui colpi rimbombano laceranti nella piazza.
    In pochi attimi, come sospinta da una forza immane, tutta quella gente si disperde in una fuga travolgente e confusa.
    Molti si liberano di quanto può impedire la corsa, qualcuno spara a casaccio, qualche altro cade ed è calpestato dagli altri. C'è chi grida: “sono tornati i tedeschi!”, “arrivano i fascisti!”...
    La piazza ormai deserta è disseminata di ogni sorta di cose: armi, bandoliere, e diversi corpi giacciono sul selciato.
    Poi, dagli angoli delle strade, e dall'interno di qualche portone, inizia una fitta sparatoria verso quelle finestre mentre i più intraprendenti tentano di organizzare una azione di attacco.
    Di questo episodio, di cui non c'è traccia sulla stampa -e se ne comprende il perché- avevamo avuta una prima notizia qualche tempo fa e ricevuta una seconda testimonianza da altra fonte abbiamo ritenuto di pubblicarlo.
    Il primo teste oculare è un ex marò della Divisione “San Marco” in quei giorni in città in licenza di convalescenza per una ferita riportata sul fronte della Garfagnana: C.S. classe 1926, di Milano. Per quanto i particolari siano resi sfumati dal tempo, riferisce che il protagonista dell'episodio era una donna, forse un'ausiliaria che, esaurito il caricatore, si era poi uccisa gettandosi dalla finestra.
    Il secondo teste è un ex maresciallo della polizia stradale (già M.V.S.N.): G.N., classe 1909, di Roma. Il suo reparto era stato sciolto due giorni prima ed era in attesa di poter tornare a casa. Si trovava nella piazza sul lato opposto all'edificio da cui fu sparato e non era in condizione di scorgere la persona anche per i numerosi alberi che ornavano all'epoca la piazza, ma udì bene sia gli spari a suo parere diretti verso l’alto che distintamente le frasi gridate. Ha visto la piazza svuotarsi ma non è stato in grado di riferire altro. Ricorda bene d'essersi trovato vicino ad un camion con il cassone scoperto sul quale un gruppo di partigiani stavano rapando a zero alcune ausiliarie.
    Forse qualcun altro è in condizione di dare ulteriori informazioni sull'episodio ma ci pare d'aver riferito abbastanza per valutare interamente il significato di quell'eroica ed isolata protesta forse suggellata dal sacrificio della vita, contro lo scempio ignominioso di quella “radiosa giornata” di piazzale Loreto interrotta solo dall'intervento delle truppe straniere e nemiche.
 
 
STORIA VERITA’ N. 14 Marzo-Aprile 94 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)  

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